26 Marzo 2020 | Collaborazione
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Collaborazione e competizione sono due sfumature che fanno parte della nostra vita dentro e fuori il contesto lavorativo e rappresentano due dei comportamenti più importanti all’interno della nostra società.
Sebbene la maggiore efficacia della collaborazione rispetto alla competizione sia ampiamente dimostrata anche dalle scoperte delle neuroscienze moderne, è sotto gli occhi di tutti come i comportamenti collaborativi nel business rappresentino ancora un’eccezione ben distante da divenire la regola. Conferma di questo è inoltre come molti manager e imprenditori lamentino, nel momento di analisi dei fabbisogni formativi, la mancanza di collaborazione come uno dei punti principali sui quali andare a lavorare.
“Già si collabora, il fatto è che lo si potrebbe fare meglio”
In qualsiasi azienda o organizzazione, la produzione di valore ottenuta dal collettivo è sempre maggiore della somma delle produzioni che i singoli individui possono esprimere in un contesto di concorrenza interna. Questo, ad esempio, è facilmente riscontrabile sia negli sport di squadra, sia nelle realtà aziendali con molteplici dipartimenti strettamente interconnessi tra loro, dove lo scambio di conoscenza, comunicazioni, informazioni e best practices rappresentano un valore aggiunto molto rilevante per l’azienda, con un impatto che si traduce in termini economici e finanziari.
Al fine di migliorare il tasso di collaborazione, aumentare il valore aggiunto prodotto e stimolare una riflessione personale, propongo di seguito alcune considerazioni analizzando quelli che sono i principali ostacoli e i principali driver della collaborazione:
La promozione della collaborazione in azienda si scontra di sovente con una cultura competitiva più o meno consolidata nelle nostre società, a tutti i livelli, e ancor più nei livelli dirigenziali dell’azienda. Questa cultura è infusa già a partire dai nostri sistemi educativi e si riflette in tutto il mondo del lavoro fino ai meccanismi di promozione interna da cui spesso provengono i manager. Ci ritroviamo frequentemente di fronte alla situazione di chiedere a qualcuno che è cresciuto in un contesto competitivo di infondere nei propri collaboratori un concetto collaborativo, il che non è semplice. Come descritto in questo articolo, il lavoro sulla cultura aziendale interna richiede tempo, costanza e un grande impegno da parte di tutti i player presenti, leader in primis. I frutti che si raccolgono sono sicuramente molto più di quelli che ora si possono immaginare.
I pericoli del sovraccarico collaborativo e del sovraccarico di strumenti che rappresentano dei tentativi collaborativi superano di gran lunga i benefici: pensate al tempo investito in decine di riunioni, centinaia di e-mail, alle distrazioni dovute all’eccessivo utilizzo della messaggistica istantanea e i vari programmi di remote-working che intasano le caselle di posta di notifiche. Tutto questo ha un costo, in termini di efficacia ed in termini economici. Un ulteriore aspetto da considerare è come questo sovraccarico sia spesso sintomo di altre “patologie” organizzative e di come i team di lavoro si possano addirittura sentire minacciati da una eccessiva invasione delle proprie aree di competenza: e se tutta questa condivisione rappresentasse il segno che sono diventati meno importanti per l’azienda? E se rinunciassero a risorse e aree di responsabilità importanti e non le recuperassero mai più? Che ne sarà del loro futuro in azienda?
Uno dei maggiori disgreganti della collaborazione è rappresentato da comportamenti tossici, come mancanza di rispetto, fiducia e stima nei confronti dei propri colleghi e superiori. Questa tipologia di reazione può essere determinata da molteplici fattori, principalmente culturali interni all’ambiente di lavoro, come ad esempio: il poco ascolto da parte del manager nei confronti dei collaboratori, la poca riconoscenza e meritocrazia, l’incoerenza nei comportamenti e nelle comunicazioni o le mancanze di rispetto, solo per citare alcuni. A livello neurobiologico, tutti queste abitudini sono dei forti propulsori di ormoni come il cortisolo e la noradrenalina che aumentano il livello di stress negli individui e nel gruppo, facendo crollare la fiducia e, di conseguenza il potenziale produttivo.
Abbiamo visto come l’eccesso di collaborazione rappresenti addirittura un ostacolo per le organizzazioni. Una sana abitudine è quella di iniziare a valorizzare ciò che già funziona all’interno della propria azienda, attraverso la pratica della gratitudine. Come approfondito in questo articolo, l’abitudine a dire grazie in azienda non rappresenta solo un gesto nobile, ma è sia intelligente che produttivo. I vantaggi di esprimere gratitudine sono ben documentati. Questo studio ha scoperto che abituarsi regolarmente e deliberatamente a ringraziare i propri collaboratori, con senso e coerenza, migliora molteplici aspetti relativi al benessere psicologico, alla collaborazione e alla produttività.
Il senso di appartenenza in azienda è rappresentato da una profonda connessione emotiva: a nessuno può essere imposto di far parte di un progetto, quello che si può fare è creare le premesse affinché questo accada spontaneamente. Queste premesse riguardano principalmente la cura del fattore umano e delle relazioni, soprattutto tra leadership, manager e collaboratori. Chiarire ruoli e responsabilità, definire dei piani di crescita e di sviluppo, dare attenzione al valore del talento individuale e non aver paura di assumere e far crescere professionisti più bravi. Quando il manager va oltre il proprio ego, prendendosi cura di questi dettagli, diventa leader.
Quello che accade da quel momento in poi è che, in modo del tutto naturale, si sviluppano comportamenti di aiuto reciproco, empatia e gentilezza.
Quando leaders e managers riescono a incarnare con successo la collaborazione come loro pratica quotidiana, creano la necessaria sensazione di coerenza e trasparenza per i loro team. Questa sensazione favorisce a sua volta un ambiente di apertura, fiducia e sicurezza che consente a tutti i suoi membri di condividere liberamente prospettive, opinioni e idee diverse: il primo passo per costruire una costante cultura d’innovazione.
Accanto all’aumento dell’innovazione, un recente studio dimostra che questo tipo di ambiente favorisce la produttività dei dipendenti: le aziende che “promuovono il giusto livello di lavoro collaborativo hanno cinque volte più probabilità di ottenere prestazioni elevate“.
Forse è tempo di appendere i guantoni della competizione al muro, è tempo di comprendere che creare ogni giorno una cultura collaborativa è una responsabilità di tutti, fuori e dentro le aziende. Questo può dar vita a quel cambiamento economico e sociale che ci può proiettare in un futuro dove il benessere collettivo e dell’essere umano rappresenti, con ancor più forza, il fine ultimo di ogni nostra attività.
E voi, come vi prendete cura della collaborazione nella vostra azienda?
Buona giornata,
Michele Prete
Bibliografia & articoli:
https://bmcneurosci.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12868-017-0386-8
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fnhum.2018.00218/full
https://hbr.org/2017/03/collaboration-overload-is-a-symptom-of-a-deeper-organizational-problem
https://greatergood.berkeley.edu/pdfs/GratitudePDFs/6Emmons-BlessingsBurdens.pdf
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